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Sabato, 27 Aprile 2024

 

A.D. V KAL. MAI.
ante diem quintum Kalendas Maias

 

A.U.C. MMDCCLXXVII
(anno 2777 Ab Urbe Condita)

Il collegio dei Septemviri Epulones

Romae eo primum anno tresviri epulones facti C. Licinius Lucullus tribunus plebis, qui legem de creandis his tulerat, et P. Manlius et P. Porcius Laeca; iis triumviris item ut pontificibus lege datum est togae preaetextae habendae ius.

(Liv. XXXIII, 42, 1)

 

[A Roma furono in quell’anno (196 a.C.) per la prima volta creati triumviri epuloni Caio Licinio Lucullo tribuno della plebe, che aveva proposto che si creassero Publio Manlio e Publio Porcio Leca: fu concesso loro per legge, come ai pontefici, il diritto di portare la toga pretesta.]

 

Roma aveva numerosi collegi sacerdotali, prettamente maschili, ai quali potevano accedere soltanto coloro che appartenevano ad uno specifico status sociale, determinato in base alla nascita. I sacerdoti esercitavo in campo religioso i medesimi poteri dei consoli, con la differenza sostanziale che avrebbero ricoperto la loro carica a vita. Al contrario dei consoli non potevano convocare il senato o il popolo né avevano l’imperium, salvo casi eccezionali: ad esempio gli auguri avevano la facoltà di far rinviare le sedute politiche se ravvisavano elementi infausti. 

Quattro erano i maggiori sacerdozi riconosciuti a Roma ed il più importante era il collegio dei Pontefici presieduto dal Pontifex Maximus e composto dai Pontefici stessi, dai Flamines, dal Rex Sacrorum e dalle Vestali. Seguivano, per ordine di importanza, gli Auguri e subito dopo i Quindecemviri Sacris Faciundis, che avevano il compito di consultare i Libri Sibillini. Infine vi erano i Septemviri Epulones.
Il termine epulo, -onis significa banchettatore, colui che organizza banchetti, e quello dei Septemviri  era appunto un collegio creato nel 196 a.C.. Originariamente era un triumvirato ed i suoi membri erano detti Tresviri Epulones. Probabilmente in epoca sillana il numero fu portato a sette. Cesare riformò anche questo sacerdozio, portando il numero dei sacerdoti da tre a dieci, ma, dopo la sua morte, il numero dei partecipanti si attestò definitivamente a sette. Fin dall’inizio fu un collegio riservato sia ai membri della classe senatoria che ai tribuni della plebe. Il loro scopo era quello di organizzare il sacro banchetto rituale durante la festività del 13 Settembre (Epulum Iovis), che veniva ripetuto anche durante i Ludi Plebei il 13 Novembre, nella quale si ricordava la consacrazione del tempio di Giove Capitolino, sostituendosi in questo ruolo ai Pontefici, ma nonostante fossero un collegio a sé stante, gli epuloni continuavano ad essere da loro dipendenti: poteva infatti accadere, in base a quanto ricorda Cassio Dione (43, 41; 48, 32) che durante i banchetti non potesse essere presente nessuno degli epuloni e, in quel caso, l’organizzazione tornava ai Pontefici. Successivamente passarono ad organizzare i vari banchetti sacri nonché quelli dei giochi seguendo il rituale della relativa festa religiosa per la quale erano stati indetti, il tutto a spese dello Stato.
Essere membro di tale sacerdozio era motivo di onore tale da entrare a far parte delle cariche del cursus honorum dei personaggi pubblici: spesso questa carica si trova nelle epigrafi ma sempre indicata con VIIvir Epulonum o solo Septemvir, mentre il termine sacerdos non viene quasi mai usato. Nonostante la loro importanza, per il periodo repubblicano si conoscono soltanto sette epuloni mentre per il periodo imperiale si arriva ad un centinaio di nomi.
Gli epuloni organizzavano un banchetto sacro al quale erano invitati a partecipare anche gli dei, che presenziavano attraverso le loro statue, quelle maschili disposte su pulvinaria (ricchi letti con morbidi cuscini) e quelle femminili sulle sellae, che erano posti nella parte ritenuta più onorevole della tavola. Agli dei erano serviti piatti abbondanti e ricchi (farro, fichi secchi, carne, formaggio, pesce …) che venivano consumati in loro vece proprio dagli epuloni stessi. La celebrazione in onore di Giove iniziava con il sacrificio di una mucca bianca; tutti i cittadini di Roma partecipavano al grande banchetto: i senatori avevano l’onore di mangiare nel Campidoglio mentre il popolo lo faceva nel Foro.

Questi sacerdoti si trovano raffigurati anche nel fregio settentrionale dell’Ara Pacis, insieme ai XVviri Sacris Faciundis, a Lucio Cesare, Giulia, Ottavia Minore e Iullo Antonio.
I sacerdoti possono essere facilmente identificati grazie alla presenza della cassetta sacra del collegio pontificale (detta acerra) portata dal secondo camillo.

Fregio settentrionale dell’Ara Pacis Augustae 

Nell’immagine si nota che, così come i Pontefici, anche loro indossavano la toga praetexta:  
Livio (XXXIII, 42, 1) ricorda che su proposta del tribuno della plebe Caio Licinio Lucullo, i tresviri ebbero riconosciuto il diritto di indossare tale toga. Il loro emblema sulle monete era la patera.
Numerosi furono i personaggi pubblici che ricoprirono la carica di epulo ma senza dubbio il più famoso, non fosse altro che per la sua tomba monumentale, è Caio Cestio. Di lui non si sa quasi nulla: fu un comune cittadino pubblico del I secolo a.C. che, proprio grazie alla sua carica di epulone, riuscì a mettere in piedi una piccola fortuna. Visse per tutta la vita a Roma e non sarebbe passato alla storia se non avesse voluto una tomba unica, che destò meraviglia già tra i suoi contemporanei e che oggi è nota con il nome di Piramide Cestia.
La sua famosissima piramide in stile egizio, costruita nella zona ostiense ed inglobata all’interno del circuito delle Mura Aureliane, fu realizzata tra il 18 ed il 12 a.C. in calcestruzzo e cortina di mattoni, il tutto ricoperto da lastre di marmo lunense.

La Piramide di Caio Cestio in un’incisione del Piranesi (1751)

In totale la struttura è alta 36,40 metri ed ha una base quadrata di 30 metri che poggia su una piattaforma realizzata in cementizio.
L’iscrizione posta sul lato occidentale della piramide, dove si trova anche l’ingresso, riporta il nome del defunto Caio Cestio Epulone, figlio di Lucio, della tribù Poblilia, e subito dopo il suo cursus honorum: pretore, tribuno della plebe e Septemvir Epulonum.

Iscrizione di Caio Cestio


C(aius) CESTIVS L(uci) F(ilius) POB(lilia tribu) EPVLO PR(raetor)  TR(ibunus) PL(ebis)/VIIVIR EPVLONVM

(CIL

 

[Caio Cestio, figlio di Lucio, della tribù Poblila, Epulo/pretore, tribuno della plebe/settemviro degli epuloni]


Mentre per le due cariche politiche è possibile stabilire quando le abbia ricoperte, per quanto riguarda il sacerdozio non si sa di preciso quando lo assunse perché non vi era un’età precisa per farlo. Il termine epulo viene nel suo caso inserito nel nome con la funzione di cognomen, probabilmente per distinguere questo personaggio con altri omonimi.

La piramide presenta anche un’altra iscrizione lungo la facciata orientale, che spiega la velocità con la quale vennero completati i lavori: solamente 330 giorni! La rapidità dell’esecuzione è facilmente intuibile: Caio Cestio aveva lasciato scritto nel suo testamento che i suoi eredi avrebbero ricevuto la quota loro spettante soltanto se avessero portato a termine la sua tomba entro i tempi prestabiliti e questi, ovviamente, fecero in modo e maniera che fossero rispettate le volontà del defunto e l’iscrizione posta sul lato orientale ricorda proprio questo (OPUS ABSOLUTUM EX TESTAMENTO DIEBUS CCCXXX, l’opera deve essere completata come stabilito per testamento in 330 giorni).

 

Manuela Ferrari




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Melius acerbos inimicos mereri, quam eos amicos, qui dulces videantur: illos verum saepe dicere, hos numquam.
(È meglio avere degli acerrimi nemici piuttosto che quegli amici che si fingono dolci: i primi spesso dicono il vero, i secondi mai.)
Marco Porcio Catone il Censore, citato in Cicerone, De amicitia, 24, 90