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Lunedì, 7 Ottobre 2024

 

NON. OCT.
Nonis Octobribus

Augustalia
Iovis Fulgor
Iuno Quiris

 

A.U.C. MMDCCLXXVII
(anno 2777 Ab Urbe Condita)

Gli scavi per la Metro B tra il Colosseo e il Circo Massimo

Alla fine degli anni Venti del XX secolo Mussolini decise di dare il via ai lavori di realizzazione del progetto per una rete ferroviaria sotterranea (la futura metropolitana Linea B) che attraversasse Roma e collegasse in maniera diretta e veloce la Stazione Termini con il nuovo quartiere dove si stava organizzando l’Esposizione Universale per il 1942, denominato E42 (da Europa 1942, poi divenuto E.U.R. dall’acronimo di Esposizione Universale di Roma). L’esposizione non venne mai realizzata a causa dello scoppio del secondo conflitto mondiale e dell’entrata in guerra dell’Italia nel 1940, ma alcune gallerie erano già state portate a termine, soprattutto nel primo tratto tra la Stazione Termini e Piramide.

Soltanto alcuni anni dopo la fine della guerra, nel 1948, si decise di proseguire la costruzione della metropolitana riuscendo a completare i lavori e il 9 Febbraio 1955 l’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi ebbe l’onore di inaugurare la ferrovia.
I lavori però non furono “ostacolati” soltanto dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, ma anche dai numerosi rinvenimenti archeologici, dei quali parla anche Fellini nel suo film “Roma” del 1972.
La parte più complessa fu quella che coinvolse il tratto di collegamento tra il Colosseo ed il Circo Massimo. Fino a via Cavour si era proceduto “a foro cieco” ma da quel punto in poi era necessario proseguire “a cielo aperto” vista la delicatezza dell'area in cui era necessario passare. Nell’aprile del 1939 i lavori  arrivarono alla piazza del Colosseo, e gli edifici qui presenti tra cui l’Anfiteatro Flavio, erano privi di sottofondazioni, fatto che ne minava la staticità, unito anche alla presenza di falde acquifere sotterranee (a circa m 6,50 sotto il piano di calpestio) e che costrinse a mettere in opera un progetto che prevedesse una quota relativamente superficiale per la posa dei binari (tra m 15,91 e m 16,07 sul livello del mare).

A ridosso del Colosseo si scavò a cielo aperto, cercando di procede con cautela e costruendo i piedritti del tunnel poco per volta, per evitare di arrecare danni al monumento. I numerosi setti murari rinvenuti durante lo scavo furono a loro volta sfruttati come contrafforti.
Durante i lavori, le operazioni nel cantiere Adolfo Ghella (ditta alla quale erano stati affidati due dei tratti di scavo dell’intera opera) vennero parzialmente documentate da due assistenti ai lavori, A. De Angelis e G. Cressidari, e raccolte nel Registro Trovamenti, ma purtroppo sono troppo poco dettagliate per riuscire a determinare con certezza quanto sia stato rinvenuto e a posizionarlo in maniera esatta. Si tratta per lo più di descrizioni poco accurate di murature o strutture individuate, e non si fa quasi mai riferimento a reperti mobili o diversi da muri. Anche nelle planimetrie dell’epoca riguardanti i tratti della futura metropolitana non furono segnalati i ritrovamenti, se non in casi rari e sporadici (come per il tratto di via Lanza e di via San Gregorio).
Notizie maggiori si riescono però a ricavare dagli appunti raccolti da Guglielmo Gatti nel periodo degli scavi tra il 2 aprile e il 19 dicembre 1939, nei quali riporta posizionamenti e analisi grafiche delle strutture emerse. 
Grazie a questi suoi appunti egli riuscì, molti anni dopo, a redigere una planimetria abbastanza dettagliata di quanto rinvenuto, anche se non vi riportò tutto quello che venne scoperto, probabilmente a causa del fatto che essendo passato troppo tempo, e non avendo sempre dati sufficienti, non era in grado di posizionare e descrivere in maniera esaustiva i ritrovamenti.
Va inoltre sottolineato il fatto che i lavori per la metropolitana furono realizzati molto in fretta e che, al di là di alcuni importanti edifici rinvenuti presso la Stazione Termini e via Cavour, le evidenze archeologiche non furono messe in risalto e spesso, come ricorda lo stesso Gatti (8852, 5 luglio 1939), non si riusciva neanche a vedere tutte le strutture che venivano scoperte prima che fossero demolite.
Dagli scavi condotti in quell’anno fu comunque possibile determinare strutture pertinenti alla fase pre – neroniana, alla fase neroniana vera e propria e a quella relativa alla realizzazione del Colosseo.
Per le prime due fasi l’attribuzione all’una o all’altra fu possibile con l’individuazione di un salto di quota di circa m 3 tra il periodo ante e quello post incendio del 64 d.C.

Per esemplificare meglio la tipologia di documentazione che veniva redatta durante i lavori, si può prendere in esame un significativo ritrovamento documentato sia dal Gatti (8859, 11 agosto 1939) sia riportato nel Registro dei Trovamenti (XI, p. 186, 10 agosto 1939). Quello che si riesce a dedurre da questi scritti è che si rinvenne parte di un edificio a blocchi di tufo del quale era ben visibile una parete orientata SO – NE, alla quale era connesso un pavimento a mosaico, realizzato con tessere bianche e nere, di cm 0,5, e treccia con fondo rosso, individuato a circa m 3,60 dal piano di calpestio. A poca distanza verso Sud venne individuato anche un altro lacerto di muro in opera laterizia intonacata, forse pertinente ad una fase successiva del medesimo edificio. In entrambe le notizie non sono riportate indicazioni topografiche precise, se non un generico “Piazza del Colosseo. Arco di Costantino”.
Nonostante molti dati siano andati perduti durante quegli anni (per mancata o per incompleta documentazione) quello che grazie al Gatti è stato “salvato” ha permesso, insieme a tutta una serie di rinvenimenti effettuati nei decenni successivi, fino ad arrivare a quelli di alcuni anni fa, di avere oggi un’idea molto più chiara e completa di quella che doveva essere la topografia di epoca ante e post Colosseo nell’area degli scavi della Metro B.

Manuela Ferrari

 

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Fama, malum qua non aliud velocius ullum. 
(La fama, male di cui nessuno altro è più veloce.)
Virgilio, Eneide IV, 174