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Sabato, 2 Novembre 2024

 

A.D. IV NON. NOV.
ante diem quartum Nonas Novembres

Isia
Eponae

 

A.U.C. MMDCCLXXVII
(anno 2777 Ab Urbe Condita)

HONOS ET VIRTUS

L'ASSOCIAZIONE CULTURALE HONOS ET VIRTUS

L’Associazione Culturale Honos et Virtus per l’archeologia e l’arte antica nasce dall'esigenza di presentare in modo particolare e diverso l’antichità agli occhi dei contemporanei. Libri, articoli, video, podcast per riportare in vita personaggi, monumenti e storie quotidiane della Roma Antica. Per fare questo ci è sembrato doveroso rifarci a due dei valori antichi più importanti che permeavano l’ideale sociale romano: l’onore e la virtù. Honos et Virtus infatti sono personificazioni divine di ideali astratti che a Roma trovavano il proprio culto in templi e feste religiose, e che erano considerate qualità fondamentali per i generali e i politici romani. Ma Onore e Virtù anche allora non sempre erano presenti nei comportamenti e nelle azioni, e oggi più che mai sembrano essere scomparsi dalla vita pubblica. Rimane comunque la loro forza concettuale e, secondo noi, è proprio a questi valori che dobbiamo rivolgere la nostra attenzione, soprattutto in tempo di decadenza, politica, sociale ed economica, quale sembra essere il nostro. Così, con questi obiettivi, archeologi e esperti informatici si sono uniti nell'associazione Honos et Virtus per cercare di dare una visione diversa dell’antichità, non semplice attrazione turistica (tra l’altro sempre più disorganizzata e preda di gestioni inadeguate), ma patrimonio mondiale da valorizzare, tutelare, capire, studiare, divulgare  e riportare in vita attraverso i tanti strumenti che la tecnologia mette a disposizione.

Ogni nuova era nasce dalla riscoperta e dallo studio del passato.

 

"Quando ci poniamo di fronte all'antichità e la contempliamo
con serietà nell'intento di formarci su di essa, abbiamo il senso come
di essere solo allora diventati veramente uomini"

(J.W.Goethe)

 

HONOS ET VIRTUS A ROMA

Honos et Virtus sono due delle divinità romane che simboleggiano l’idea astratta dell’Onore e della Virtù. Sono, insieme, appartenenti alla sfera religiosa di Marte e per questo evocate dai generali e dai soldati dell’esercito romano. In particolar modo il loro culto si sviluppa con la costruzione di templi che avviene in seguito alle vittorie militari di Roma.

Honos (Onore, soprattutto nella sua accezione militare) è di solito rappresentato come giovane con la cornucopia nella mano sinistra ed una lancia nella mano destra. Sappiamo da Plutarco (Quaest. Rom. 13) che i sacrifici in suo onore venivano effettuati secondo il rito greco. La festa di questa divinità venne fissata nel periodo augusteo al 29 maggio.

Virtus (Virtù, soprattutto militare) viene invece rappresentata su monete di età repubblicana con la sola testa, mentre in età imperiale si trova in piedi con elmo, spada e lancia, e una corta tunica come quella delle Amazzoni. Vista la sua valenza militare fu spesso associata a Bellona, dea della guerra. Per i Romani la Virtus rappresenta l’attività per eccellenza del grande uomo di stato e del soldato valoroso. Nel corso del tempo la sua raffigurazione cambia e spesso la si trova rappresentata seduta o con diversi attributi come lo scudo o la corazza del nemico conquistato o un ramo di ulivo come segno di pace. Sorprende la somiglianza con le rappresentazioni di Roma che, sulle monete, si distinguono solo attraverso le iscrizioni. Soprattutto in età imperiale troviamo diversi epiteti della Virtus, spesso associata all’imperatore (Virtus Augusti) e altre volte all’esercito e alle sua componenti (Virtus militum, equitum, exercitus)

Insieme compaiono soprattutto sulle monete imperiali a sottolineare le qualità militari degli imperatori, soldati e uomini d’onore e virtù per eccellenza soprattutto dopo campagne militari vittoriose. Note in particolar modo per le raffigurazioni su monete dell’imperatore Galba e di Vespasiano.

 

Queste due divinità vengono spesso raffigurate insieme sulle monete perché insieme avevano anche luoghi di culto a Roma.

Il più famoso tempio delle due divinità si trovava probabilmente subito fuori Porta Capena, forse in relazione con il tempio di Marte che doveva sorgere nelle vicinanze. Secondo la testimonianza di Cicerone (Nat. Deor. II, 61) il tempio originario venne realizzato nel 234 a.C. e dedicato il 17 luglio di quell’anno da Q. Fabio Massimo Verrucoso, poi divenuto più noto con il soprannome di Temporeggiatore, dopo la vittoria riportata sui Liguri. Nel 222 a.C. M. Claudio Marcello, dopo aver sconfitto i Galli Insubri a Clastidium (odierna Casteggio vicino Pavia) fece il voto di erigere un tempio a Honos et Virtus, voto che venne da lui rinnovato dopo aver conquistato Siracusa, e così ridedicò, nel 208 a.C., il preesistente edificio di Honos et Virtus. Ma visto il divieto inflitto dai pontefici di venerare due divinità nello stesso tempio (un divieto che rientrava nelle lotte di potere tra le gentes più influenti di Roma che si colpivano a vicenda anche attraverso il diritto sacrale) Marcello lo raddoppiò costruendo un altro edificio di culto affiancato e creando un unico santuario per le due divinità. Per decorare questo complesso sacro da lui creato usò molte opere d’arte greca provenienti dal bottino preso a Siracusa e la dedica venne fatta, dal figlio di Marcello, nel 205 a.C..

All’interno del tempio c’era anche un antico sacello o un’edicola in bronzo dedicata alle Muse che gli autori datavano al tempo di Numa Pompilio, che venne danneggiata dopo essere stata colpita da un fulmine e trasferita nel santuario di Hercules Musarum nel Campo Marzio. All’interno del recinto, o nei pressi del tempio inoltre dovevano essere le statue di M. Marcello, di suo padre e di suo nonno, tutti consoli della Repubblica, e che probabilmente facevano parte della tomba di famiglia. Durante il grande incendio di Nerone il santuario venne distrutto e venne ricostruito sotto Vespasiano con il lavoro di due artisti romani di cui conosciamo il nome grazie alla menzione che ne fa Plinio (Nat. Hist. XXXV, 120): Cornelius Pinus e Attius Priscus. Dagli autori antichi sappiamo che proprio da questo tempio partiva ogni 15 di luglio la Transvectio Equitum (si tratta di un dato che contrasta con quanto riferito all’inizio dal passo di Cicerone, e che ha spinto qualcuno a identificare come originario fondatore del tempio Q. Fabio Massimo Rulliano che istituì questa sfilata di cavalieri nel 304 a.C. con punto di partenza proprio dal tempio di Honos et Virtus). Probabilmente nell’area davanti al tempio nel 19 a.C. il Senato fece costruire l’ara Fortunae Reducis come indicato nelle Res Gestae di Augusto. L’ultima notizia relativa a questo tempio è del IV secolo d.C. quando compare inserito tra i monumenti della I Regio nei Cataloghi Regionari. Non si hanno tracce archeologiche sicure di questo santuario, ma l’unica indicazione topografica si riferisce ai “grandiosi avanzi di un tempio” indicati da Fea e riportati dal Lanciani nella sua Forma Urbis Romae (tav. 35) subito fuori Porta Capena e nel settore a nord della via Appia alle pendici del Celio.

A Roma abbiamo notizia di un altro tempio dedicato ad Honos et Virtus che venne realizzato da Caio Mario dopo le sue vittorie sui Cimbri e sui Teutoni nel 101 a.C.. Sappiamo che alla sua costruzione partecipò l’architetto C. Mucius, il cui lavoro fu apprezzato da Vitruvio (VII, praef. 17) tanto da descrivere minuziosamente la planimetria del tempio (III, 2. 5):  in sintesi periptero, sine postico e in laterizi. Secondo la notizia riportata da Valerio Massimo (II, 5, 7) il tempio era anche chiamato monumentum Marii, fatto che ha permesso di ipotizzare un sistema architettonico più complesso composto dal tempio e da altre costruzioni fatte da Mario. Sappiamo che all'interno di questo tempio il Senato, nella riunione del 1 maggio del 57 a.C., decretò il rientro di Cicerone dall'esilio. Acceso il dibattito sulla posizione del tempio: qualcuno lo indica sull'Esquilino; altri sul Capitolium o sull’Arx; altri ancora lo indicano sulla Velia, probabilmente accanto alla casa che Mario fece costruire nel 98 a.C presso il Foro; infine le ultime ipotesi si basano sul fatto che esso venne costruito con il tetto ribassato perché costruito sulla linea della visuale degli auguri che prendevano gli auspici nel cielo, e siccome gli auguri osservavano il cielo dall'Arx si è cercato (oltre che sull'Arx stessa in prossimità dell'Auguraculum) anche lungo la linea visiva che corrisponde grosso modo alla linea della Via Sacra del Foro Romano. Quindi si pensa che possa essere stata al posto del Tempio di Antonino e Faustina oppure, in posizione più elevata che giustificherebbe la particolare accortezza costruttiva, nell'area poi occupata dal Tempio di Venere e Roma e dall'Arco di Tito.

Altro luogo del culto di Honos et Virtus è ricostruibile collegando un passo di Cicerone (Leg. II, 23, 58) al ritrovamento di due iscrizioni. Cicerone parla di un tempio di Honos fuori dalla Porta Collina, in un'area occupata in precedenza d una necropoli, e a convalidare questa notizia è una lastra di travertino databile al III secolo a.C., con dedica ad Honos (CIL VI, 3692), scoperta nel 1873 nei pressi di via XX settembre che conferma il culto nella zona indicata. L’altra iscrizione trovata tra le Terme di Diocleziano e la via XX settembre indica la presenza di un culto di Virtus (CIL VI, 31061) in questa zona che solitamente è riferito allo stesso tempio indicato da Cicerone. Quindi un altro santuario dedicato ad Honos et Virtus è identificabile nella zona intorno all'attuale Porta Pia e la sua fondazione si può datare tra il IV e il III secolo a.C.

Gabriele Romano

 

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Utendum est aetate: cito pede labitur aetas nec bona
tam sequitur, quam bona prima fuit
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(La vostra età vivetela, che con rapido piede se ne fugge,
e quella che la segue non è bella altrettanto.)
Ovidio, Ars Amatoria, III, 65-67